Il 25 agosto 1989, a Villa Literno, veniva assassinato Jerry Essan Masslo, rifugiato sudafricano in fuga dall’apartheid. Un uomo che aveva trovato nell’Italia la speranza di una nuova vita, e che invece vi trovò la morte, vittima di un efferato atto di violenza razzista.
Masslo non era un migrante qualunque: era un simbolo. La sua vicenda – arrivato in Italia per sfuggire alle persecuzioni del regime sudafricano, impegnato come lavoratore agricolo nei campi del casertano – rappresentava già allora il volto nascosto delle migrazioni: fatica, sfruttamento, discriminazione. La sua uccisione scosse profondamente l’opinione pubblica italiana e divenne un punto di svolta.
Di cosa parliamo?
Un delitto che cambiò la storia
L’assassinio di Masslo non rimase un fatto isolato di cronaca nera. Per la prima volta, l’Italia si trovò costretta a guardarsi allo specchio e a fare i conti con il razzismo che serpeggiava tra campagne e periferie.
Pochi giorni dopo la sua morte, a Roma, si tenne una grande manifestazione nazionale contro il razzismo e lo sfruttamento dei migranti: vi parteciparono decine di migliaia di persone. Fu un momento di coscienza collettiva.
La spinta emotiva portò all’approvazione della Legge Martelli (1990), la prima normativa italiana che introdusse un sistema organico per il diritto d’asilo e per la regolarizzazione dei migranti. Una conquista che nasce dal sacrificio di Masslo e dalla mobilitazione popolare.
L’eredità di Jerry Masslo
A 36 anni dalla sua morte, la figura di Jerry Essan Masslo resta viva. La sua storia ci ricorda che le migrazioni non sono numeri, ma persone. Ci ricorda che l’accoglienza non è una gentile concessione, ma un dovere umano e civile.
Le terre dove Jerry lavorava sono ancora oggi segnate dal caporalato, dallo sfruttamento e dal disagio sociale. La sua memoria diventa allora bussola: un invito a costruire comunità inclusive, giuste, solidali.
Perché ricordarlo oggi
Raccontare Jerry Masslo significa ricordare che dietro ogni slogan politico, dietro ogni polemica sull’immigrazione, ci sono vite reali. Significa ribadire che il razzismo non è un incidente, ma un pericolo che cresce quando si abbassano le difese della coscienza civile.
Il 25 agosto non è solo un anniversario: è un monito. L’eredità di Masslo chiede di non abbassare lo sguardo.